di monsignor Paolo Martinelli, Vescovo ausiliare e Vicario episcopale
Arrivato in terra ambrosiana con una ricca esperienza episcopale alle spalle, il cardinale Angelo Scola si è inserito nella Chiesa di Milano nel solco dei suoi predecessori, costantemente citati nel suo magistero. Un episcopato relativamente breve, ma intenso di eventi e di circostanze significative.
Centrale nel suo magistero appare subito il sostenere il popolo di Dio perché sappia vivere la propria missione in questo “cambiamento di epoca”. Qui sta il senso del costante richiamo ai quattro pilastri della comunità credente (cfr Atti 2,42-47): perseveranti nell’insegnamento degli apostoli; nella comunione, poiché «abbiamo in comune Cristo stesso»; nello spezzare del pane e nelle preghiere e nella tensione missionaria, per annunciare a tutti la bellezza dell’incontro con Cristo.
Con ciò l’Arcivescovo Angelo ha espresso anche un’attenzione specifica per le diverse forme vocazionali, nell’orizzonte della “vita come vocazione”. Si ricordi l’affermazione della famiglia come soggetto di evangelizzazione, sull’onda dei lavori sinodali. Infatti proprio la famiglia, intreccio originario di affetti, lavoro e riposo, ha la possibilità di mostrare il nesso profondo tra il Vangelo e la cultura, tra la fede e la vita; la cui rottura – secondo le parole del beato Paolo VI – costituisce «il dramma del nostro tempo» (EN 20).
A servire la missione della Chiesa sono chiamati innanzitutto i presbiteri, a cui il cardinale Angelo ha richiamato spesso la dimensione comunionale dell’esercizio del ministero: «essere presi a servizio» ed essere «presbiterio» sono i fattori decisivi per la riforma del clero. Alla stessa radicalità sono chiamati i consacrati e le consacrate. L’invito è quello di immergersi pienamente nella vita diocesana e di essere, con la stessa forma di vita, profezia di un «nuovo umanesimo». Per questo rinnovamento è essenziale per tutti Educarsi al pensiero di Cristo, immedesimandosi con i sentimenti e con lo sguardo di Gesù su tutta la realtà. Da Lui impariamo quella misericordia che rigenera la vita.
Ma l’elemento più ricorrente nel magistero del cardinale Scola è forse l’indicazione sulla pluriformità nell’unità come dinamica fondamentale del vivere ecclesiale. Il popolo di Dio è animato costantemente dallo Spirito Santo, che suscita carismi diversi. Doni “gerarchici” e “carismatici” sono coessenziali. Si può far fronte alla missione oggi solo superando «la grave divisione tra pastorale parrocchiale e quella d’ambiente»; cosicché «ogni fedele possa sperimentare una piena ed effettiva appartenenza alla Chiesa in tutti gli ambiti in cui si attua la sua esistenza» (8 settembre 2016). Associazioni, movimenti e nuove comunità, vita consacrata, sono chiamati a condividere una responsabilità ecclesiale nuova.
Questo impegno ha come scopo ultimo la testimonianza. Da qui si possono cogliere in unità tutti gli interventi del Cardinale nei confronti della società, dal riconoscimento del suo carattere “plurale” al suo tratto sempre più “meticcio”, rilevando l’importanza civile del dialogo ecumenico e interreligioso, fino al costante impegno sui temi sociali più scottanti: immigrazioni, profughi, lavoro, economia e finanza, tecnoscienza, giovani e periferie. Come non ricordare a questo proposito i Discorsi alla città e i Dialoghi di vita buona. Questi ultimi hanno insegnato un metodo per l’affronto dei temi della convivenza civile tra persone portartici di culture differenti, ma ugualmente appassionate al bene. Un metodo a cui è sottesa una “nuova laicità”, che valorizzi il contributo di tutti i soggetti in campo per il bene comune.
Infine, l’episcopato del cardinale Angelo Scola verrà ricordato anche per la visita dei due ultimi Pontefici alle terre ambrosiane. Benedetto XVI per il VII Incontro mondiale delle famiglie e papa Francesco nell’indimenticabile visita dello scorso 25 marzo. Da qui possiamo vedere comporsi, come in un mosaico, un immenso abbraccio formato dal volto dei due Pontefici e dalla gratitudine del popolo. Grazie di tutto, cardinale Angelo!